INTERVISTA DA CURA MAGAZINE (2009)


Senza titolo, 2009, affresco su intonaco su legno, cm180x195

"Incontro con Manfredi Beninati"

S.B. Davanti alle tue opere assistiamo come spettatori a inquadrature d’interni e figure, dei primi piani spesso, sfocate, che evocano azioni interrotte, come un sogno poco prima del risveglio, di narrazioni filmiche. Cosa resta nei tuoi lavori più recenti dei tuoi esordi nel cinema?
M.B. Tutto. Io vedo e vivo la vita come una pellicola.
S.B. Vuoi dire che riesci a selezionare i momenti, rimontando il tutto secondo un preciso disegno?
M.B. No. Intendo dire che cerco sempre di immaginarmi gli sviluppi futuri (prossimi e remoti) di ogni avvenimento e di ogni mia azione. Inoltre cerco sempre di immaginare cosa è avvenuto nel lasso di tempo in cui ho perso di vista l’evoluzione di una storia. È un gioco che faccio da sempre.
S.B. Quest’anno le tue opere saranno presenti nel Padiglione Italia della Biennale di Venezia e nella sezione Italy: No More than a Point of View della prossima biennale di Praga. Che cosa hai di italiano? Che cosa le tue opere?
M.B. Beh sono italiano e sono cresciuto in Italia e tutta la mia formazione è avvenuta in questo paese ed in questa cultura. Aver vissuto tanti anni all’estero (oggi vivo tra Palermo e Los Angeles) mi fa apprezzare ed amare la storia e la cultura di questo paese. Il cinema italiano ad esempio lo considero il più ricco, il Futurismo mi pare senza dubbio il movimento da cui nasce tutta l’arte dell’ultimo secolo, ma anche l’architettura (vedi Sant’Elia), la musica (vedi Russolo), la fotografia (vedi Bragaglia) ecc. Insomma vivendo fuori da questo microcosmo provincialissimo che è (culturalmente parlando) diventato questo paese nell’ultimo secolo, ho potuto elaborare un rapporto più onesto e libero con la nostra cultura che probabilmente mi rende più italiano di chi da qui non s’é mai mosso ed ha il mito dell’estero.
S.B. I “personaggi” dei tuoi quadri sembra emergano dall’opacità della dimenticanza in frammenti, o still per tornare al linguaggio cinematografico, in atmosfere di intensa intimità, grazie ad un uso vibrante del colore, che richiama certi ritratti di Balla, come la celebre Fidanzata al Pincio (1902). Come ti poni invece nei confronti delle esperienze dell’Arte Povera, che pure si sono mosse da alcune posizioni del Futurismo?
M.B. In realtà credo di non aver nulla in comune con nessuno dei due movimenti che hai appena chiamato in causa. Il fatto che io ammiri, anzi che riconosca la paternità dei neologismi artistici del secolo scorso e di quello in corso, e la forza dirompente delle parole e delle azioni dei futuristi di cento anni fa, non vuol dire che io sia assimilabile a loro in alcun aspetto. Infatti non credo di esserlo né esteticamente né emotivamente né tantomeno ideologicamente. I miei quadri, così come le mie istallazioni e generalmente tutto il mio lavoro nasce da altre esigenze, altri interessi ed altre visioni della vita. Anche tecnicamente esiste tra il modo di procedere di Balla ed il mio un abisso. Io dipingo a strati senza mai avere un progetto o un soggetto preciso; Balla dipingeva un’idea concreta chiaramente decifrabile davanti ai suoi occhi e lo faceva riempiendo in maniera densa anche quando rappresentava la luce. Io non so mai cosa succederà in un mio quadro. Ci lavoro a sei mani col tempo e con la casualità. In più ciò che può apparire come un soggetto o addirittura “il” soggetto di un mio quadro in realtà è sempre lì per caso. C’è finito dentro senza che io me ne accorga. È un elemento come può esserlo una colatura (questa spesso apparentemente casuale) che serve a trovare equilibrio in quella idea che é il quadro stesso. Idem rispetto all’Arte Povera.
S.B. Come me, hai origini siciliane. Dopo anni trascorsi tra Roma, Londra, Buenos Aires sei tornato a vivere a Palermo. Da qualche settimana hanno inaugurato in Sicilia nuove istituzioni dedicate al contemporaneo, mi riferisco a Palazzo Riso nella tua città e alle due fondazioni, Brodbeck e Puglisi-Cosentino, a Catania, dove era già attivo da qualche mese lo spazio di sperimentazione artistica BOCS, realtà che hanno la decisa ambizione di radicarsi nel territorio. Credi che i tempi siano maturi per un confronto sul contemporaneo, non semplicemente episodico, in Sicilia?
M.B. Sì mi fa molto piacere vedere Palermo e la sua gente fare cose normali, andare a convegni sulla situazione dell’arte contemporanea piuttosto che all’inaugurazione d’una mostra al Sant’Anna, al Sant’Elia, a Palazzo Riso, ecc. È un bel gioco ed è anche un moto per attivare o riattivare certi settori anche dell’economia locale ecc, comunque io non credo nel sistema dell’arte di oggi. Anzi da qualche tempo ho come la sensazione che presto questa bolla di sapone scoppierà. Più o meno come è avvenuto recentemente nel settore della tecnologia informatica.
S.B. Però tu in questo sistema sei inserito (sei rappresentato da gallerie internazionali, etc..). Come ti prepari a questo “scoppio”? Così chiedendoti dei tuoi prossimi progetti…
M.B. Realmente credo in quello che faccio e lo faccio con profondo senso di responsabilità. Non però, nei confronti del sistema dell’arte ma della storia dell’arte e dell’evoluzione della nostra società (quella umana intendo). Non che (ovviamente) creda che ciò che faccio sia altamente importante rispetto a ciò, ma credo che ognuno di noi debba accollarsi le proprie responsabilità verso gli altri e verso il mondo e la natura. Credo che ognuno di noi contribuisca nel bene o nel male a questa evoluzione qualsiasi sia l’entità del proprio apporto. Dunque lavoro con questo spirito, cercando di non esser mai pigro né qualunquista né di lasciar che gli altri facciano i miei compiti. I miei prossimi progetti saranno, appunto i miei prossimi progetti dopo i prossimi e così via. Contribuiranno a far sì che io capisca meglio il mio mondo interiore e che magari scopra un angolino nascosto che possa contribuire al processo evolutivo di cui sopra. Come dire ogni “fegatedd’i musca è sustansa come si dice! Per chiudere… Non ho mai fatto (e mai lo farò, almeno spero) nulla per compiacere gli altri. Nulla di ciò che il “sistema” o peggio il “mercato” chiedeva o si aspettava perché non è né la fama né il riconoscimento che m’interessa, ma piuttosto la curiosità di vedere dove mi porterà la mia ricerca. Io stesso non saprei spiegarti come sia successo che io oggi sia un artista discretamente conosciuto e, in certi ambienti, tenuto in considerazione. Forse… fortuna?!
di salvatore bellavia


INTERVISTA DAL LIBRO "AUS KüNSTLERSICHT". 2009

Da "Aus Künstlersicht - 13 Fragen - 51 Interviews", di Aeneas Bastian e Harriet Häußler, Galerie Upstairs, Berlin


Senza titolo (Mondello), 2004, olio su tela, 200x200
 

Questions to Manfredi Beninati from Dr. Bastian

1. What is art?

This is how I answered the first time somebody asked the same question. I just found it in my hard disc and tought it would be interesting to compare it with my new point of view (at that time I only had one or two years experience in the art world):

"Dear Mustafa’,
you asked me to write a few words on art (“my” art? Boh!) and, well, I have to say that I’m not too good at writing since painting and drawing is all I’'ve been up to lately, like most people in my business, I guess. I have to try and guess it because I don’t know that many artists and hardly spend time with the few ones I know and whenever I do we hardly talk about art. Art is, in fact such a private part of my life that I rather deal with it privately. It has been the fulcrum of my entire life since the day I discovered its healing power, since the day I found out that making it is even better than just watching it. You enjoy it twice as much than a passive spectator. And you learn more and want to push further and further. And it is all so thrilling because you never know where things could lead you to. There is a sentence that is probably the most frequently recurring sentence (nearly a stock phrase) in art history which is credited to different artists by different sources that says roughly: ‘at each touch I risk my life’. Well I used to regard it as a pathetically pompous statement (deriving from romantic ideals of struggling artists etc) and I still do partly, but partly don’t anymore. Because I now know that it is true that art (just like life) is mostly about taking risks that means opening oneself up and dealing with whatever is in it regardless of consequences. Then once you have done that, you wait and see what happens. Sometimes you get amazing things in return. Sometimes you can feel like you were time-travelling and you get transported back to your childhood or forward to the future that you will never get to see. And you are the same age in both cases. Sometimes my feet are very ticklish and my eyesight blured and I wonder how could Piero della Francesca long for what he longed for and why couldn’t he do things the opposite way. Sometimes I let a little flower mesmerize me for dozen and dozen of seconds sometimes for minutes and minutes and that’s even more beautiful than getting lost in a beautiful idea.
Manfredi Beninati ...........June. 2004"

Today I will just say that it has a very specific and foundamental role in human society. That of revealing new, unexpected or unnoticed sides of things around us. It has to show and explore hidden corners of our collective imagery without ever trying to draw conclusions or to explain things, though. that's not its task.


2. Which late artist would you have liked to meet?

Medardo Rosso. Alternatively Marinetti.

3. Who or what is your role model?

Nature.

4. Who or what has led you to become an artist?

A bet with my brother Flavio and my ex girlfriend Lourdes.


5. Where did you grow up? How do you remember this time?

In Palermo with my mother and brother. Of course it was the best part of my life to date. I reckon your life is about your childhood, really. whatever happens after that age is not that significant. I feel adulthood is about searching for the flavours of childhood.


6. Where and when would you have liked to live?

In 12th century's Tuscany would be fantastic to spend a couple of weeks just to look around, but I'm happy with the place and time I lived and live in.

7. Which work of art do you personally consider the most important of all times?

There are many, too many. I don't believe in hierarchies or classifications, anyway.


8. Which is your favourite museum and why?

I don't have one, actually.


9. Who has decisively influenced your career?

Flavio and Lourdes, Steve McCoubrey, Lorcan O'Neill, Paolo Colombo, James Cohan

10. What is the key question in your work?


a) How do I get there?

b) Why are people so superficial?

c) How would time interfere with or change my work or the perception of it?


11. Where do you get your inspiration from?

Within myself. From the fading memories of my experiences.


12. What do you consider the most important work of yours?

My life, seriously!


13. Where do you see yourself in ten years time?

I could be dead by then. Although I'd love to be alive and still able to work, in which case I'd have produced enough work to be almost satisfied.



VIDEO-INTERVISTA 2007

Bellissima video-intervista in inglese. A cura di Philip Dolin. Prodotto da James Cohan Gallery di New York.




Another Magazine _ 2006

Cotone, inchiostro, plastica e tic-tac, 2006






































Collaborazione con lo stilista Rifat Ozbek per la rivista americana Another Magazine.
Venduto ad un'asta di beneficienza a New York nel 2007



Quadri...

Senza titolo (Obodoi), 2006, olio su tavola, cm

Senza titolo (Pirrina), 2006, olio su tela, cm 160x200


Senza titolo (Palermo), 2006, olio su tela, cm 200x240

Senza titolo (Fes Agosh), 2006, olio su tela, cm 160x200

Senza titolo (Cerese), 2006, olio su tela, cm 160x200






































Senza titolo (Palermo), 2004, olio su tela, cm 200x150


Senza titolo (Aziz), 2004, olio su tela, cm 182x182